La poetica di Carmelo Bene.
Una possibile lettura
Dopo “ÒperÉ”, cioè Orfeo per Euridice, romanzo, edito da Besa, che attualizza una delle grandi icone leggendarie della mitologia greca, il regista e autore teatrale Stefano di Lauro torna nelle librerie con “La mosca nel bicchiere – La poetica di Carmelo Bene”, libro edito da Icaro. Il lavoro in questione, saggio volto a rintracciare gli elementi di poetica che hanno fatto da substrato teorico al lavoro attoriale del maestro di Campi Salentina, deve la sua idea di fondo e la sua articolazione alla tesi di laurea scritta da di Lauro molti anni fa. A ciò si è aggiunto un necessario lavoro di riscrittura, di riformulazione e di rielaborazione che ha poi portato alla stesura ora pubblicata. In “La mosca del bicchiere” di Lauro, attraverso una sua scrittura sempre spigolosa, a tratti complessa, mette in rilievo le fonti del pensiero di Carmelo Bene, tramite un’analisi di tutta la sua appendice libraria e, più nello specifico, delle sue scritture teoriche. L’autore suddivide la parabola artistica di Bene in quattro momenti salienti: dagli inizi della carriera al 1968; dal 1968 al 1973 (la fase cinematografica); dal 1973 agli anni ’80 (la grande stagione shakespeareana e non solo, ma anche i “concerti” con voce amplificata e la conseguente ricerca sulla phonè); 1988-1990 (la Macchina Attoriale). Poco spazio viene concesso all’ultimo periodo della vita di Bene, quello che va dal 1990 sino alla morte, avvenuta il 16 marzo del 2002, considerati “anni di silenzio, malattia, e autoreclusione, punteggiati da riprese, salvo poche novità che tuttavia non aggiungono nulla al sue percorso che può dirsi compiuto con l’Achilleide (1989 e 1990, ripresa solo un’altra volta nel 2000)”. In questo viaggio per tappe successive tra le fonti della poetica beniana, l’idea forte che a più riprese sottolinea di Lauro è l’assoluto legame con la cultura otto-novecentesca europea. Ecco quindi la comparsa di riferimenti a Baudelaire, Byron, De Sade, Bataille, Nietzsche, Schoupenhauer, Lautréamont, Leopardi, Kierkegaard, per un saggio che si propone di essere divulgativo, atto primo per entrare in contatto con uno dei più grandi artisti del nostro Novecento, che farà, di certo, come è già successo in altra sede, storcere il naso ai “puristi beniani”, per nulla convinti di questa interpretazione forzata della complessità teorica del Bene pensiero.
Articolo pubblicato sul mensile “Salento Express” di novembre
1 commento:
Mi viene il dubbio che questi "puri beniani" non sappiano leggere... amano guardare solo le figure...
Posta un commento