A Carmelo Bene, in punto di morte,
ore 21,09 del 16 marzo 2002
Mi nutrirono di lagrime i nitriti dopo il crepuscolo
quando l’Immortalità si fermo alla stazione del Nulla
nella notte che una maschera e la gloria uscirono di senno
si mutò in rantolo di carne, come il Verbo, il tuo sguardo.
Fu l’abbecedario di una malattia moresca
a tradurre la lucciola libertina in notte eretica,
i nerastri cantici dei tuoi occhi in raccapricci di cera,
il pianto equino di una bambino nella cripta.
Smoccola il cielo, ossa!
Ti sei bardato della Grazia del vischio,
come pelle di Magenta è la tua Voce.
La gorgiera del tempo si sfarina…
Nei padiglioni il tuo furore tracima cenere,
come se la morte fosse altrove…
dove i dèmoni hanno smarrito l’anima!
dove gli dei hanno ceduto il corpo!
Antonio Sagredo
con un gelato di corvi in mano
vittorio bodini
regressione salentina
Con un gelato di corvi in mano
torchiavo con le dita il grumo dolciastro di un mosto,
sul capo mi ronzava una corona di gerani spennacchiati.
Crollavano lagrime di cartapesta dai balconi-cipolle,
giù, come vischiosi incensi.
Il barocco asfittico e piombato come una bara si spandeva
per la città, falsa e cortese, come un carro funebre.
Nella calura la nera lingua colava gelida pece!
Schioccavano i nastri viola un grecoro di squillanti: EHI! EHI!
come un applauso spagnolo!
Ma dai padiglioni tracimava il tuo pus epatico, bavoso…
risonava un verde rossastro strisciante di ramarro,
le bende, come banderuole scosse dal favonio, tra quei letti infetti
e brillava, l’afa!
Scampanava al capezzale delle mie Legioni
quel verbo scellerato, che in esilio, invano,
affossò il Canto!
Ma noi brindavamo - io, tu e l'attore - con un nero primitivo,
i calici svuotati come dopo ogni resurezione,
perchè la morete fosse onorata dal suo delirio!
Nessun commento:
Posta un commento