mercoledì 14 gennaio 2009

Su carmelo e Maria Luisa Bene - Di solo amore

Mauro Marino


“Non si uccide con un revolver, con un'arma da punta o da taglio. Si uccide anche per carenza di cure”. Non possiamo sapere sino a che punto siano vere e realistiche le ipotesi di Maria Luisa Bene sulle circostanze della morte di suo fratello Carmelo, ma qualcosa ci dice che in esse ci sia l'estremo tentativo da parte di questa donna eccezionale di riportare l'attenzione sulla figura e l'“eredita” intellettuale ed artistica di suo fratello.
Maria Luisa Bene è persona dolcissima. L'età la fa delicata e la memoria che la abita preme la voce, che, inquieta, sempre mostra le tante cose di un'avventura in lei ancora densa di emozioni.
Per lungo tempo sodale e complice delle scelte artistiche del fratello. Sin dall'infanzia! Racconta di un 'mitico' viaggio a Bari, in carrozza, per andare a vedere il “Lohengrin” di Wagner al Teatro Margherita, del fondale del teatro che sia apre per lasciar vedere il mare e il cigno-barca che si allontana con il protagonista della messa in scena!
A questo erano allevati i due fratelli Bene! A queste visioni!
La memoria che la abita è uno spaccato importante della vita di Carmelo Bene e del suo teatro. Poco s'è fatto e poco si continua a fare per accudire questa memoria!
La foga “istituzionale” al domani della morte del Maestro ha prodotto dei grandi giri a vuoto.
I 'comprimari' dell'ultima stagione di vita di CB hanno sostituito gli affetti, quelli veri.
Quello autentico di Maria Luisa, che è stata messa nell'angolo, dimenticata, esclusa da chi si affannava a legittimare la propria posizione di privilegio nel dover testimoniare la grandezza di ciò che non c'era più.
Quella “mancanza” è rimasta tale solo nel cuore di Maria Luisa. Pochi le sono stati vicino, attenti ad ascoltare. Luigi Santoro, Maurizio Nocera, Antonio De Carlo tra i pochi che in questi anni hanno mantenuto con lei teso il filo del ricordo.
Il resto distratto, all'inseguimento di chissà quale convenienza.
La foga dell'apparire ha rivelato tutta la sua approssimazione: l'idea che la “politica” poteva far da spalla forte e legittimante alla costruzione della Fondazione è naufragata da subito, per vigliaccheria e per incompetenza.

La vigliaccheria della politica che nonostante le promesse fatte non è stata in grado o non ha voluto mantenerle. Per cui una Fondazione che aveva come partner di fatto il Comune di Otranto, la Provincia di Lecce e la Regione Puglia s'è trovata da subito a dover fare i conti con l'assenza di chi per 'gelosia' politica non stava più nel gioco. C'era Raffaele Fitto, affianco al Maestro, vestito di bianco in una delle sue ultime performance otrantine, poi non c'è più stato! Era a disagio in compagnia di tutto quel miele intellettuale? Non gli piaceva il Teatro? Pensava bisognasse fare altro per ricordare, tutelare, valorizzare, mantenere quel grande patrimonio?

Man mano non c'è stato più nessuno!

Travolti dall'incompetenza e dall'approssimazione di chi aveva dato avvio al percorso di creazione della Fondazione senza tener conto dell'esistenza di una moglie e di una figlia, legittime ed uniche eredi di quanto a Carmelo Bene è appartenuto, di quanto Carmelo Bene ha creato.

Ritorna come un presagio la visione del cigno che si allontana sul mare di Bari!

Wagner scrisse di vedere in Lohengrin il prototipo dell’artista moderno – un’ombra di se stesso – gravato da un destino di solitudine e di incomprensione da parte del mondo circostante. Così è stato per Carmelo Bene! Non ci rimane altro che interpretare le parole di Maria Luisa Bene: “Non si uccide con un revolver, con un'arma da punta o da taglio. Si uccide anche per carenza di cure”, di affetto, di accudimento, di dedizione aggiungiamo noi!

Si uccide una volta e si continua ad uccidere, a cancellare, a confondere la memoria con la menzogna, si continua a tradire ciò che solo ha avuto e ancora ha, necessità d'amore!

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